Che cos’è il reato di ecomafia? Ce ne parla l’Avvocato Davide Cornalba nel suo blog, in collaborazione con i blogger della nostra community Facebook “Quelli Che Bloggano” (ringraziamo Francesco Delle Piane, Guido Auteri, Gianluigi Rosafio, Claudio Francesco Teseo, Vincenzo Mafrici, Bruno Lega tra gli utenti più attivi!). Il termine ecomafia è un neologismo che è stato coniato dalla famosa associazione ambientalista nazionale Legambiente. Il termine sta ad indicare quelle attività illegali svolte dalle organizzazioni criminali, in special modo di tipo mafioso, che causano danni all’ambiente.

Storia del termine ecomafia

La locuzione Ecomafia, spiega l’Avvocato Davide Cornalba, ha origine a metà del 1990, quando l’ambiente non veniva considerato quale collaterale del diritto alla salute, ma solo semplice intrattenimento. L’ambiente era per la politica molto poco considerato e privo di peso. Negli anni 90 qualcosa però inizia a muoversi, giornali parlano di ragazzi che venivano minacciati perché diretti ad una riunione per opporsi ad una discarica, e in quel luogo venivano trovati bidoni con liquidi il cui solo star vicino provocava malori. I giornali dell’epoca strillavano di consiglieri comunali o gli assessori all’urbanistica di alcuni piccoli paesi al Sud Italia che venivano minacciati o che scoprivano le loro auto bruciate direttamente sotto casa. 

Dunque, tutto ciò premesso, il termine ecomafia nasce proprio dalla voglia di mettere insieme tutti quei pezzi per dare finalmente un nome al fenomeno.

Nel dicembre dell’anno 1994 veniva presentato il primo rapporto “Le ecomafie – il ruolo della criminalità organizzata nell’illegalità ambientale”, compiuto da Legambiente in collaborazione con Eurispes (un ente privato che opera nel campo della ricerca politica, economica e sociale) e l’Arma dei Carabinieri.

Quel primo rapporto è un punto di partenza, com’è scritto nella prefazione: “Ecomafie: un neologismo, un termine che non si trova in alcun dizionario della lingua italiana. Cosa indichi, è presto detto: i gruppi della criminalità organizzata che basano buona parte della loro attività (e delle loro entrate) in azioni che causano in maniera deliberata o meno il degrado del territorio e dell’ambiente”.L’ecomafia era diventato termine di cronaca giudiziaria. Da quell’anno impegno di Legambiente continua con convegni, mobilitazioni dei cittadini, denunce, dossier e conferenze stampa nel suo prezioso lavoro a difesa dell’ambiente. Per fare un calcolo, ricostruire le rotte e quantificati i rifiuti scomparsi nel nulla dal 1990 al 1993, questi sono equivalenti a circa 28 mila tir, su per giù una colonna di 560 chilometri.

L’immondizia è oro

La cronaca giudiziaria di quell’epoca ha rivelato una delle affermazioni più clou del pentito Nunzio Perrella, noto trafficante di cocaina, che al Magistrato Franco Roberti che lo interrogava spiegava come e perché “la monnezza è oro”. Soprattutto raccontava di quel “patto di Villaricca” tra imprenditori, camorristi, intermediari affiliati a logge massoniche e politici locali che tra il 1988 e il 1989 spalancava le porte della Campania, in particolare delle province di Caserta e Napoli, ai traffici illegali di rifiuti.

Grazie alla lettura degli atti giudiziari vengono alla luce tante sfaccettature che prima si celavano dietro discariche, suolo e territori.

La prima Commissione d’inchiesta sui traffici illegali di rifiuti 

Il reato di ecomafia, non è terminato nei primi anni novanta, anzi può dirsi evoluto, si pensa al famoso caso della “terra dei fuochi” che ha interessato la Campania nel nuovo millennio. A fronte di tutto ciò, si è mossa la classe politica, in particolare Massimo Scalia, storico dirigente di Legambiente, allora parlamentare dei Verdi. che presentava la prima proposta di legge per la creazione di una Commissione d’inchiesta sui traffici illegali di rifiuti, tra i firmatari compariva anche l’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Già nei primi momenti dal suo insediamento, la Commissione d’inchiesta presieduta da Scalia metteva in calendario un programma molto intenso di lavori, composto soprattutto di missioni e audizioni.

Il reato di ecomafia e la legislazione del 2001

Deve attendersi l’8 marzo 2001 per l’approvazione della norma per cui il traffico di rifiuti diventa reato. Grazie a questa introduzione possono essere effettuate intercettazioni telefoniche ed ambientali e si può contestare l’associazione a delinquere. Viene infatti inserito nel disegno di legge “Disposizioni in campo ambientale” un emendamento che introduce l’articolo 53 bis del c.d. decreto Ronchi, oggi disposizoine di cui all’art. 452 quaterdecies del codice penale, che introduce un delitto specifico per i traffici illegali di rifiuti, con pene reclusive da uno a sei anni.

La legislazione del 2001

Nel 2015, finalmente è stata approvata la legge che fa diventare realtà l’inserimento dei delitti ambientali nel codice penale. Grazie a questa nuova legge la parola ambiente entra nel codice penale con i nuovi delitti di inquinamento: 

a.    disastro ambientale (con pene fino a 15 anni di reclusione), 

b.    traffico di materiale radioattivo, 

c.    omessa bonifica; 

d.    impedimento del controllo. 

Per cui vengono previste aggravanti ecomafiose, nei casi di lesione o morte, il raddoppio dei tempi di prescrizione, la confisca dei beni e sconti di pena per chi si adopera per bonificare in tempi certi.